«Che cos’è stato l’effimero? Intanto la pura e semplice dimensione di un evento metropolitano, di un contesto collettivo, di una conquista moderna. […] In secondo luogo, l’effimero fu il terreno di scontro – in particolare all’interno dei movimenti della sinistra – utile ai partiti per cercare di adeguarsi a una mutazione sociale che avrebbe sempre più richiesto un progressivo adattamento delle politiche sociali e culturali alla civiltà dei consumi, una tardiva risposta alla domande del ’68, una contromossa rispetto alla conflittualità e nuova creatività del ’77. […] In terzo luogo, l’effimero è stato un dibattito in cui persino la cultura più sofisticata e aggiornata usò Massenzio per salvare il rapporto privilegiato delle lettere con le istituzioni, il luogo di una critica che o non si intrattiene con la politica o se ne ritiene superiore e in ogni caso ne comprende e condivide solo gli elementi più superficiali. Ma gli intellettuali mettevano sempre più in luce l’ormai insanabile contraddizione tra il mondo postmoderno che volevano contestare e lo stesso mondo in cui tuttavia già abitavano e avrebbero facilmente continuato ad abitare sino ai giorni nostri». (Alberto Abruzzese, Massenzio/Now, in AA.VV., Massenzio ’77-’97. Tendenze urbane, Roma, Castelvecchi, 1997, pagg. 15-21)

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