Articolo di Carlo Rivolta, La Repubblica 13-14 marzo 1977:

Roma - Un corteo grande, imponente, di più di cinquantamila giovani è stato distrutto, snaturato, distorto dai suoi obiettivi reali da gruppi di provocatori che hanno provocato incidenti a catena (il primo a piazza del Gesù ha rischiato di far sì che questo imponente corteo venisse travolto dalle cariche della polizia). Ma i fatti più gravi di questo sabato nero per Roma e per il movimento degli studenti sono avvenuti dalle 19.30 in poi. La città che aveva visto sfilare il corteo pacificamente, anche dopo gli incidenti di piazza del Gesù, è diventata una polveriera. Incidenti, scontri, sparatorie, assalti a commissariati, tentativi di assalto al giornale della Dc Il Popolo, in un succedersi incalzante di fughe, assalti, contrassalti fra gruppi di manifestanti e la polizia. Il «salto qualitativo» è avvenuto a piazza del Popolo dove un gruppetto di autonomi ha dato alle fiamme i tavoli del bar Rosati. Il corteo ancora non era entrato tutto nella piazza, e la gran parte dei dimostranti è fuggita, verso Prati e verso il Flaminio, al grido di «via via la falsa autonomia», indirizzato contro i protagonisti degli episodi di violenza. E' stato a piazza del Popolo che sono partiti i colpi di pistola sistematici fra autonomi e polizia, è stato da questo episodio in poi che gli agenti hanno ricevuto l'ordine di sparare dalla sala operativa della Questura. La trappola in cui è stato condotto il corteo è montata a poco a poco, dopo gli incidenti di piazza del Gesù. Quando il grosso dei manifestanti è riuscito a ricomporsi sul lungotevere e marciare verso piazza del Popolo, gruppetti di autonomi hanno cominciato a mandare in pezzi cristalli delle auto parcheggiate, ogni cristallo che cadeva si riaccendeva la polemica: il grosso dei manifestanti gridava «scemi scemi», o «via via la falsa autonomia». All'armeria che è in via Giulia all'altezza di ponte Sisto un gruppo di manifestanti è riuscito a entrare nel negozio forzando le saracinesche. I saccheggiatori sono usciti con canne da pesca, racchette, ma anche fucili da caccia. E' stato il resto del corteo che ha imposto a chi aveva preso i fucili di gettarli nel fiume. Alcuni, incalzati dal grido di «scemi scemi», hanno distrutto le carabine spaccandole sul selciato. Poi l'arrivo in piazza del Popolo. In testa un gruppetto di Autonomia che, dopo l'ingresso di un paio di migliaia di dimostranti (altrettanti aspettavano l'arrivo del corteo), ha appiccato il fuoco ai tavolini del bar. Le fiamme alte, il fumo denso, hanno spaventato la gente, chi era già nella piazza è uscito in direzione di via Flaminia al grido «via via la falsa autonomia», poi le cariche della polizia. Erano passate da poco le 19.30 quando un gruppetto di un paio di centinaia di persone si è attestato sulle rampe di accesso a piazza del Popolo sparando, prima contro la caserma dei carabinieri che è nella piazza, poi contro la polizia. Gli agenti hanno risposto al fuoco. Da questo momento in poi gli agenti hanno ricevuto l'ordine di sparare. Il resto del corteo che non era riuscito a entrare in piazza del Popolo ha guadagnato il ponte Regina Margherita, verso via Cola di Rienzo, incalzato dalla polizia. Sul ponte è stata allestita una barricata con automobili che sono state incendiate, tra queste l'auto del Gr1 da cui erano stati fatti scendere i giornalisti. Sul pone Regina Margherita si è sparato di nuovo. Un agente è rimasto ferito. Il corteo si è diviso in due tronconi. In via Maria Luisa di Savoia una volante della polizia è stata colpita da diversi proiettili di arma da fuoco. Anche gli agenti hanno risposto al fuoco. Il troncone di corteo ormai ridotto di moltissimo, che si dirigeva verso Piazza Cavour ha assaltato il commissariato Borgo. Si è sparato contro il commissariato, gli agenti hanno risposto al fuoco. L'altro gruppo che aveva abbandonato il corteo per dirigersi verso il centro è arrivato a piazza delle Cinque Lune dove c'è la sede del quotidiano democristiano Il Popolo. Anche qui un assalto. Lanci di lacrimogeni, di bottiglie incendiarie. Il clima è diventato in breve assolutamente indescrivibile: in diversi punti della città si accendevano e si spegnevano gli scontri, mentre gruppi numerosissimi di giovani venuti da fuori Roma e di studenti romani giravano in preda al panico per la città, senza sapere dove andare, senza sapere che direzione prendere per sottrarsi alla morsa di fuoco e sparatorie che circondava ormai tutto il centro. In piazza Venezia, verso le 9 di sera, mentre ancora si succedevano gli scontri, un gruppo di quattrocento-cinquecento persone è sfilato con le mani in alto o congiunte sopra la testa “arrendendosi” alla polizia, la paura delle sparatorie era ormai all'apice. Contemporaneamente di nuovo in largo Argentina si accendevano altri scontri. Molotov, lacrimogeni, avevano ormai da ore lasciato il passo alle armi da fuoco. Di nuovo, come sabato scorso, l'armeria Conciani, in largo Cairoli, è stata assaltata e saccheggiata. Poco prima, in largo Argentina, un ragazzo, un dimostrante, era stato centrato dal petto da un colpo di arma da fuoco, sparato, pare, dalla polizia. E' insieme a un agente in prognosi riservata per una pallottola che lo ha centrato alla scapola, il ferito più grave. Un gruppo ha di nuovo raggiunto il Ministero di Grazia e Giustizia, il lancio di bottiglie incendiarie ha centrato l'ingresso, le fiamme si sono sviluppate anche all'interno degli uffici. Mentre nelle strade cominciavano le retate, nel clima rovente di questa giornata si è inserito una altro episodio significativo: un gruppo di agenti nell'ingresso della Questura ha stretto da presso il capo dell'ufficio stampa, Giorgio Simi, minacciandolo e prendendolo a spintoni. «Siamo stanchi di questa vita», gridavano. Poco dopo il questore Migliorini ha dato ordine che i fermati non venissero più portati a San Vitale. «Qui li fanno secchi», avrebbe detto riferendosi allo stato d'animo dei poliziotti. I fermati sono stati così portati in altri commissariati. Mentre in questura si accendevano le discussioni, di nuovo una sparatoria, nei pressi di via dei Giubbonari. La violenza andava ormai scemando, i gruppetti che attaccavano battaglia erano sempre di meno. Del grande corteo del pomeriggio erano rimaste solo le poche centinaia di persone che non erano riuscite a scappare (moltissimi quelli venuti da fuori), continuavano a vagare sbandate, la gran parte di loro ha concluso la serata in Questura, incappando nelle retate. Alla stazione, quelli che erano riusciti ad arrivare, sono stati perquisiti dagli agenti. A notte la città era un campo di battaglia deserto, danni ingenti, macchine incendiate, bossoli di mitra, di pistola, lacrimogeni, qualche bottiglia inesplosa. I feriti molti di più di quelli ufficiali. A un primo bilancio c'è un giovane ferito al petto, poi l'agente colpito su ponte Margherita, poi tre agenti feriti davanti al Ministero di Grazia e Giustizia (colpiti di striscio, due, centrato da un sampietrino un altro). I fermati per ora non sono noti: in Questura ne è arrivato uno soltanto. E' sfuggito per miracolo al linciaggio.

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