1977

La nuova leva di movimento che compare sulla scena politica a partire dal 1975 è pesantemente critica e dissacrante rispetto a stereotipi ideologici, modelli, ritualità e miti della tradizione terzinternazionalista, fatti proprio dai ceti politici dei gruppi extraparlamentari nati dopo il 1968-69. Questa critica radicale ai “gruppi” (già avviata dal movimento femminista) metteva al centro della polemica le tematiche del “personale politico”, i rapporti tra i sessi, le formalizzazioni gerarchiche, il volontarismo alienante ecc. Tali tematiche, successivamente riprese dal “movimento del proletariato giovanile”, daranno il definitivo colpo di grazia alle già moribonde organizzazioni extraparlamentari. (…) La crisi della militanza che attraversa orizzontalmente tutte le formazioni extraparlamentari determina lo svincolarsi dai legami di un'interpretazione delle realtà sociali, obbligata dentro i rigidi schemi di analisi ideologiche preconfezionate nelle strutture elitarie e burocratiche dei vari partitini. Nel pieno di questo processo liberatorio, soggetti con esperienze militanti, spesso giovanissimi e comunque altamente politicizzati, si immergono all'interno delle tensioni di una realtà giovanile che risente le conseguenze dell'enorme trasformazione sociale indotta dalle lotte iniziate nel '68. Questa ondata travolgente e ininterrotta di politicizzazione di massa arriva a investire le radici stesse della società civile e cioè le strutture primarie della formazione dell' identità sociale dei giovani: la famiglia e la scuola. La famiglia come luogo formativo della disciplinarizzazione ai valori dominanti e la scuola come luogo formativo di un sapere professionale da acquisire con lo studio e da realizzare successivamente nel lavoro. Per intere masse giovanili la critica formale e ideologica a queste due istituzioni, fonti primarie della loro formazione, comincia a tradursi in rifiuto pratico con l'abbandono, la fuoriuscita, la migrazione, la lotta aperta unitamente alla ricerca cosciente di alternative capaci di soddisfare il bisogno di un'altra socialità e di un altro sapere. In questo contesto matura il prologo del movimento del '77. (…) La sensibilità di quel movimento fu di avvertire la drammaticità del passaggio obbligato alla società oscura e indecifrabile del postindustriale. Da qui la consapevolezza che il movimento del '77 ebbe di cogliere, sul piano dei contenuti, il centro dei problemi che quel passaggio comportava: il problema del lavoro e delle sue trasformazioni. La rumorosa irruzione   sulla scena sociale del movimento del '77, la cui composizione era di studenti, giovani proletari e donne con una collocazione precaria e “non garantita” nel mercato del lavoro, obbligò gli esperti della sociopolitologia nazionale all'analisi dei suoi caratteri così inediti e indecifrabili. Ma questi soggetti, da subito, non si dimostrarono ben disposti riguardo all'armamentario classico dell'indagine sociologica e psicoanalitica, che avrebbe dovuto fare almeno un po' di luce sulle ragione della loro devianza dalle regole della “civile convivenza”. N.Balestrini, P.Moroni. ‘L'orda d'oro 1968 – 1977', 1998. >>