1977

Contro l'astrazione dell'uomo-merce, dunque, per un uomo restituito a se stesso e alla soddisfazione dei suoi bisogni. Ma quali sono i bisogni veri? Che cosa vuol dire non canalizzare i bisogni verso false risposte? Pensare alla “rivoluzione sociale” vuol dire avviare una nuova riflessione sui bisogni individuali e sociali che fanno sorgere e alimentano il movimento. Nell'ambito della cultura marxista una delle teorizzazioni più complete in questo senso è la teoria dei bisogni radicali elaborata dalla Heller, discepola di Lukàcs ed esponente della scuola di Budapest. Secondo la Heller il capitalismo maturo produce, per una contraddizione ineliminabile, dei “bisogni radicali” non integrabili, di cui la rivolta studentesca del '68 è una espressione evidente: la rivolta contro la “vita quotidiana” diventa in questo senso un elemento fondamentale della lotta contro il capitalismo. (…) In genere però i bisogni di cui si parla non sono bisogni del proletariato in senso stretto: vengono da strati sociali diversi, dagli studenti come dai sottoproletari, dalle femministe come dalle casalinghe, vanno dai bisogni consumistici più smaccati (come le “espropriazioni” i liquori e generi di lusso…) al più sofferto e profondo “sogno di comunismo”. A cura del collettivo redazionale “La nostra Assemblea ”. Le Radici di una rivolta. Il movimento studentesco a Roma: Interpretazioni, fatti e documenti, febbraio-aprile 1977 , ed. del 1977. Quel che è certo è che il problema di oggi è quello della costruzione del territorio astratto dell'autonomia: un territorio-rete, la relazione fra unità mobili, indipendenti, di sperimentatori e di pirati. Un territorio che continuamente definiamo e ridefiniamo, che può divenire clandestino ed uscire allo scoperto, nel quale ci muoviamo anche restando fermi, tenuto insieme dalle tecnologie comunicative della simultaneità. Un territorio definito da segnali e da gesti di riconoscimento. Un territorio stesso della deterritorializzazione. (…) Il soggetto di movimento sta altrove; si disloca in uno spazio oggi difficilmente definibile, impossibile da ridurre dentro le categorie muffite dell'istituzione, ma anche dell'estraparlamentarismo gradualista e neoriformista. Sta altrove, sfrangiato e dissoluto. La dissolutezza la dimensione soddisfacente, comprensibile, innovativa, interessante. Ma come trovare unità, come fare politica? Perché affrettare una risposta? Probabilmente occorre dirlo: il movimento è andato molto più avanti della nostra capacità di comprenderlo. “ A/traverso”, 1975-1979 ristampa. C´è stato un momento, verso la metà degli anni settanta (gli anni di Moro-Berlinguer) che vorrei ricordare a tutti coloro che lo hanno vissuto, in cui sembrava essersi trovata una gioia, una magia tra la cultura di questo paese e la sua gente. Le parole, i libri, i film venivano percepiti   in maniera che chiamerei sensuale. In quel clima di straordinaria tensione creativa e morale e politica abbiamo visto qualcosa di irresistibile: gli occhi della gente reinventavano quello che ricevevano, elaborandolo, allungandogli la vita, rilanciando. Bernardo Bertolucci, Cultura la parola dimenticata ‘La Repubblica' 11-06-2007.

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