Il terrorismo, l'indifferenza, il caro petrolio. La gente ha poca voglia di uscire di casa. Si vive nella paura. E' il 1977 e in questo clima pesante l'Estate Romana arriva a spazzare la città come una ventata di aria pulita.
Attraverso la manifestazione il Comune invita gli abitanti della capitale a vincere ogni timore (delle bombe, del carovita, del futuro) per riscoprire il piacere di vivere insieme aspetti e luoghi storici di Roma. Si tratta di un vero e proprio progetto di democratizzazione dello spazio pubblico. In diverse zone della capitale vengono allestiti spazi all'aperto destinati alla fruizione di massa della cultura. Nascono le “città” del teatro, della musica, della danza, del video, del cinema, della poesia e dell'arte. Il carattere rivoluzionario dell'Estate Romana non consiste tuttavia tanto nell'ampiezza dell'offerta, quanto invece nella sua capacità di incrinare la logica unidirezionale che fino ad allora aveva dominato l'apparato dell'industria culturale italiana. Nonostante consista in una proposta differenziata, generalizzata e dall'alto di cultura, per funzionare la manifestazione necessita di un certo grado di interazione da parte del pubblico. L'obiettivo della kermesse non è quello di educare, elevare, indottrinare ma di stimolare, da un lato, la partecipazione della collettività alla rinegoziazione dei tempi e dei luoghi del vivere associato e, dall'altro, il coinvolgimento delle masse nel risveglio culturale della città. Il rischio di cadere nella logica del pedagogismo, proprio di tanta parte della cultura italiana, viene superato attraverso il ricorso all' “effimero”, vero e proprio marchio di fabbrica della manifestazione.
Il carattere effimero dell'Estate Romana è stato spesso, ed erroneamente, interpretato in termini di superficialità, estemporaneità, insignificanza. Al contrario, l'aggettivo va inteso quale sinonimo di intenzionalmente impermanente, e quindi di non istituzionale e di volutamente “tattico”, nel senso benjaminiano del termine. Alla fissità e alla rigidità dell'istituzione la manifestazione preferisce la variazione sul tema: essa non ambisce a farsi luogo e tempo deputato, contenitore di oggetti definiti, stabiliti una volta per tutte, ma mantiene in sé la duttilità, la capacità di evolvere in relazione alla mutazione del gusto e del pubblico, di recepire il mutamento e i percorsi invisibili dell'industria culturale. L'evento propone un modello di “sociazione transeunte”, in movimento, senza spazi fissi: i tempi e i luoghi dell'incontro con gli altri sono dettati dai tempi e dai modi variabili della fruizione culturale. Gli spazi della manifestazione si trasformano, a seconda delle esigenze individuali, in luoghi di isolamento, di contemplazione o di socializzazione: si può andare ad assistere a uno spettacolo per stare con gli amici, per scambiare delle chiacchiere, per conoscere qualcuno, per vedere una mostra, una performance, un film o fare altro, come mangiare qualcosa o starsene a fumare uno spinello su un prato. Da tale punto di vista, l'Estate precorre alcune dinamiche della fruizione proprie della tarda era elettronica: adeguando la propria offerta culturale ai differenti e mutevoli desideri dei consumatori, essa dissolve la categoria omogenea del pubblico in senso ottocentesco e anticipa il pubblico targettizzato dei new media. Attraverso il meccanismo della scelta tra diverse opzioni, la platea indifferenziata e generalista inizia a evolvere verso una serie di pubblici differenziati e settoriali. L'Estate Romana fa inoltre propri i meccanismi della fruizione culturale disattenta che Benjamin descrive come “tattici”: attraverso il consumo di cultura il pubblico viene “abituato” alle forme dell'interazione e dell'appercezione distratta, occasionale e partecipativa caratteristiche del postmoderno. Non solo. La kermesse costituisce anche il primo tentativo di sopperire alle difficoltà del piano urbanistico, in quanto strumento di regolazione dello sviluppo della metropoli postindustriale, attraverso un'inversione della sua logica: non più imporre le forme della città ai cittadini ma restituire la città ai suoi abitanti perché la riscoprano – o la scoprano – e la facciano tornare a vivere costruendone nuove storie.
Un'esperienza, quella dell'Estate Romana, divenuta modello. E' all'interno del brodo di coltura creato nel tempo dalla manifestazione e dalle sue numerose imitazioni internazionali che si sviluppa l'idea della Notte Bianca come sistema di eventi diversi, diffusi nella città e concentrati in una notte e come fertile strumento di espansione economica della città che fa leva sulla cultura e sul turismo.
Cecilia Guida
Bibliografia di riferimento:
AA.VV., Massenzio '77-'97. Tendenze urbane , Roma, Castelvecchi, 1997.
Alberto, Abruzzese, “Massenzio/Now”, in AA.VV., Massenzio '77-'97. Tendenze urbane , Roma, Castelvecchi, 1997, pagg. 15-21.
Italo Calvino, Le città invisibili , Torino, Einaudi, 1972.
Renato Nicolini, Franco, Purini, L'effimero teatrale , Firenze, La casa Usher, 1981.
Renato, Nicolini, Estate Romana. 1976-85: un effimero lungo nove anni , Siena, Edizioni Sisifo, 1991.
Renato, Nicolini, “L'architettura dell'immateriale”, in AA.VV., Massenzio '77-'97. Tendenze urbane , Roma, Castelvecchi, 1997, p. 35.
Renato, Nicolini, “MM: Massenzio e Mercadante. Contro la città celibe. Alla riscoperta del valore della Polis come fonte della politica partecipata”, in www.alleo.it
Sitografia:
www.comune.roma.it
www.estateromana.comune.roma.it
www.lanottebianca.it
www.massenzio.it
www.massenzio.net/dizionarietto.htm
www.mclink.it/mclink/arte/mc16.html
www.ndparking.com/massenzio.it
www.romaeconomia.it
Si ringrazia lo studio di architettura Colombari&De Boni per le foto.
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