Affrontare le questioni “lavoro” e “casa” significa occuparsi dei due aspetti vissuti da una collettività come fondativi dell'identità personale di ciascuno, spesso ritenuti fondamentali per la realizzazione ed il radicamento individuali. Significa contemporaneamente interrogarsi sull'evoluzione della “visione” sull'uomo che si è determinata e si determina in un dato contesto sociale. Misurare l'incidenza di quelle due questioni sulla qualità della vita, la gestione del tempo, le priorità, i diritti di ciascuno.

Come affrontare questioni così complesse, ancora oggi per la mia generazione risolutive, e non a caso, irrisolte? Per me, che non ho vissuto quegli anni, ho assunto nei loro confronti una distanza ideale ed emotiva che mi ha condotto a recuperare - dietro a quelli che noi conosciamo come “anni di piombo”, del terrore e della paura – una memoria legata, più che ad avvenimenti e fatti particolari (storici o storicizzati), ad una “rivoluzione silenziosa”, sotterranea, strisciante, penetrata nelle coscienze e condizionante   ancora oggi il nostro presente.  

Di qui, la necessità di uno sconfinamento dei limiti temporali e spaziali inizialmente imposti, fino a ricomprendere la “fine degli anni settanta”, che segnano il momento di avvio del “processo di scomposizione” che, conducendo dalla massificazione all' individualismo di massa , ha portato all'affermazione del “diritto alla differenza”, poi divenuto elemento strutturale e strumentale di sfruttamento nel sistema capitalistico, e di lì negazione di ogni differenza.

Affrontare il tema lavoro significa, innanzitutto, indagarne la “ metamorfosi ”, nel senso caro ad André Gorz, e cioè la capacità sempre nuova del sistema capitalistico del lavoro di impattare la vita, di incidere, sul concetto stesso di tempo, e sulla sua percezione sociale, ad esempio attraverso l'introduzione di nuove tecnologie, la nascita della società dei servizi, il processo di terziarizzazione che ha investito, proprio in quegli anni, Roma, diversificandola rispetto ad altri modelli sociali, più prossimi al concetto di città-fabbrica (ad es. Torino).

Una nuova modalità di lavoro ha richiesto dunque una nuova organizzazione sociale del tempo e con quella anche una nuova organizzazione dello spazio, principalmente degli spazi abitativi, della casa e del suo utilizzo.

Da qui, l'idea, condivisa con Rogelio, di recuperare le offerte di lavoro e gli annunci immobiliari che riempivano in quegli anni le pagine dei quotidiani, selezionando e catalogando le richieste e le caratteristiche più frequenti, paradossali, od obsolete.   

L'attenzione è stata così spostata sul linguaggio, sulle parole, i termini, le definizioni che descrivono una storia senza le immagini, o meglio, senza le “solite” immagini (d'archivio o di cronaca), perché anche le sole parole costruiscono immagini , che diventano poi la griglia di lettura e interpretazione della realtà.

In particolare – utilizzando il materiale fornito dal Prof. Sorcioni, che qui colgo l'occasione per ringraziare – sono state isolate alcune delle parole chiave utilizzate dal Censis per “interpretare” la complessità della realtà sociale in trasformazione. La loro connessione crea una vera e propria mappa concettuale.

Si tratta di termini usati spesso in modo evocativo o con funzione chiaramente metaforica (così il termine “sommerso” poteva rappresentare una nuova visione dell'economia dello sviluppo, evocata attraverso la metafora subacquea dell'invisibilità; od il termine “labirinto” utilizzato per descrivere la complessità crescente del sistema sociale, richiamava il senso di dispersione con cui quella complessità veniva socialmente avvertita), indicando la precisa opzione per “una ricerca tutta fenomenologia, tutta tesa a capire il reale, i meccanismi spontanei, i comportamenti dei vari soggetti sfuggendo alla tentazione di usare schemi interpretativi precodificati…” ( Gli anni del cambiamento , Censis 1982).

La metafora è, infatti, utilizzata dal Censis proprio per interpretare/metabolizzare gli elementi di innovazione sociale che si affacciano in una comunità. Dunque l'uso di termini metaforici prelude allo sviluppo di un nuovo paradigma sociale. I passaggi di paradigma evidenziati attraverso l'uso del riferimento metaforico determinano un radicale cambio di visione e non solo di prospettiva.

Barbara D'Ambrosio, ottobre 2007

Bibliografia di riferimento:

Bauman Zygmunt, La società dell'incertezza , Il Mulino, Bologna 1999

Bauman Zygmunt, Lavoro, consumismo e nuove povertà ,   Città Aperta, 2007

Beck Ulrich, Il lavoro nell'epoca della fine del lavoro. Tramonto delle
sicurezze e nuovo impegno civile
, ed. it. Einaudi, 2000

Beck Ulrich, La società del rischio. Verso una seconda modernità

Castel Robert, L'insicurezza sociale. Che significa essere protetti? , Einaudi, Torino 2004

Censis, Gli anni del cambiamento, 1982

Gallino Luciano, Il costo umano della flessibilità , Laterza, Bari 2001

Gorz André, Metamorfosi del lavoro. Critica della ragione economica , Bollati Boringhieri , 1992

Gorz André, Addio al proletariato ,   Edizioni Lavoro, Roma 1982

Gorz André, Le socialisme difficile , Editions du Seuil 1967

Gorz André, Il lavoro debole. Oltre la società salariale , Edizioni lavoro, Roma 1994

Inglehart R., The Silent Revolution , 1977; trad. Ital. “La Rivoluzione Silenziosa”, Rizzoli, Milano 1983

Kurz Robert, L'onore perduto del lavoro. Tre saggi sulla fine della modernità , Ed. Manifesto, 1994

Rifkin Jeremy, La fine del lavoro. Il declino della forza lavoro globale e l'avvento dell'era post-mercato , Baldini & Castoldi, Milano, 1997

Sennett Richard, L'uomo flessibile, le conseguenze del nuovo capitalismo sulla vita personale , Feltrinelli, Milano 1999

Sennet Richard, La cultura del nuovo capitalismo , Il Mulino, Bologna 2006

Sorcioni Mario, Il protagonismo delle parole . Ipotesi per un Glossario dei termini CENSIS   dal 1967 al 2003 , Roma 2003.



 

 
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